Intervista a Maria Fazio

Buongiorno, miei cari readers 💜

Per vostra fortuna oggi mi sentirete ciarlare meno del solito, perché ho intenzione di lasciare spazio alla voce dell'autrice che intervisterò 😇

Innanzitutto lasciate che ve la presenti, e che le chieda scusa anche pubblicamente per il ritardo con cui pubblico l'articolo: Maria Fazio è, tra le altre cose, scrittrice e titolare di un blog davvero bello. Anzi, è proprio grazie a Finestra sul mondo che ho avuto modo di conoscerla, quindi vi invito a dare un'occhiata al sito (qui) e a curiosare tra le opere pubblicate da Maria (la lista completa qui).

L'intervista di oggi verterà soprattutto sul romanzo Pronto: risponde l'assassino, un giallo dall'insospettabile profondità che mi ha molto colpita e che recensirò a breve.

Intanto vi lascio i link d'acquisto dell'opera: qui trovate il cartaceo, e qui l'e-book.

E ora, come promesso, chiudo il becco e lascio la parola a Maria 😊

 




Ciao, Maria! Grazie mille per avermi concesso questa intervista, sono felice di fare due chiacchiere con te. Cominciamo?
 

Ciao Elisa!

Grazie a te per la proposta. È sempre un piacere per me confrontarmi e osservare quali sensazioni sono scaturite nel lettore di una delle storie che ho scritto.

Sì, cominciamo.
 

 

La protagonista del tuo libro Pronto: risponde l'assassino è un'operatrice di call-center, quindi svolge un mestiere molto comune ma spesso considerato faticoso e poco remunerativo. Tuttavia, come dimostra la storia, parlando a tu per tu con le persone si possono scoprire cose... Interessanti. Questo mi porta a chiederti se secondo te la telefonata "vecchio stile" ha un valore aggiunto rispetto ai moderni metodi di comunicazione (whatsapp, chat, sms ecc.). Se nel romanzo non ci fosse stata una telefonata, gli eventi si sarebbero evoluti nella stessa maniera?


Sì, senza dubbio la telefonata mantiene un valore aggiunto rispetto alle chat e ad altri mezzi di comunicazione analoghi, per diversi motivi.

Il primo motivo è di tipo relazionale. La voce consente di istaurare una relazione con l'interlocutore, mentre la chat (soprattutto se dall'altra parte si trova uno sconosciuto) è impersonale. Si può avere persino la sensazione di comunicare con una macchina anziché con una persona.

Il secondo motivo è di tipo emozionale ed quello che ha l'effetto più immediato sulle dinamiche del romanzo.

Tramite la voce non si può fare a meno di lasciar trasparire le proprie emozioni. La voce umana contiene sfumature emotive (nel caso di questo romanzo si tratta della rabbia) che è possibile celare solo fino a un certo punto.

La nostra voce confessa più di quanto siamo disposti ad ammettere e perciò nelle relazioni più superficiali tendiamo ad evitarla, e a sostituirla appunto con forme comunicative indirette, come le chat; mentre nei rapporti affettivi più stretti la ricerchiamo.

Le chat sono talmente limitate dal punto di vista dell'espressività emotiva che è stato necessario inventarci gli emoticon per colmare il vuoto.

Il terzo motivo, come ben sanno i sociologi della comunicazione, è di tipo funzionale. Con la telefonata si ha infatti la percezione di una migliore trasmissione del messaggio, e di minore margine di interpretazione da parte del ricevente, in quanto l'emittente può avere un riscontro immediato da parte del ricevente stesso.

A voce ci si capisce meglio!

Il fatto è che la maggior parte delle persone non è abituata a esprimersi in maniera puntuale per iscritto e perciò teme che il messaggio non sia recepito in modo corretto dall'interlocutore. Infatti le persone scelgono la telefonata quando percepiscono la necessità di essere più immediati e incisivi.

Tenendo conto di questi tre fattori è indubbio che senza quella telefonata, il romanzo si sarebbe sviluppato in modo del tutto diverso, almeno per alcuni dei personaggi che ne sono coinvolti.
 

 

Forse si tratta di una coincidenza, ma anche l'ultimo giallo che avevo letto prima del tuo era ambientato in Sicilia. Comincio a pensare che più una terra è ricca di bellezza e atmosfere più sia il teatro perfetto per le storie sanguinose! Come a dire che la pace della natura è un'ottima cornice per la violenza umana. Che ne pensi?



Per come la vedo io, la Sicilia è un teatro perfetto per molteplici storie, non solo e non in prevalenza quelle sanguinose. Purtroppo è vero che quest'isola per molti anni è stata al centro di fatti di cronaca che sembrano aver intriso la terra di violenza, ed è anche vero che essa conserva nella propria memoria storica secoli di soprusi e di colonizzazioni, che ne hanno condizionato l'evoluzione.

Ma è anche vero che esiste una Sicilia capace di sfuggire agli stereotipi, e che forse proprio per questo viene "raccontata" poco.

Non mi riferisco soltanto alle meraviglie paesaggistiche e al clima generoso, menzionati da chiunque ci sia stato almeno una volta. Ma vorrei soffermarmi sulle risorse antropologiche che quest'isola possiede. Ci sono anziani che hanno voglia di trasmettere le loro conoscenze, le loro competenze e le loro tradizioni, e ci sono giovani che danno vita a progetti di eccellenza, sia in campo tecnologico che nel recupero dell'artigianato o dell'agricoltura. Storie belle da raccontare e da leggere, che non riusciamo neppure a immaginare..

Ma forse, a pensarci bene, il vero problema della Sicilia è la difficoltà di andare oltre gli stereotipi e di constatare il cambiamento che già c'è, perciò accade che vengano raccontate quasi sempre alcune tipologie di storie e di atmosfere.



Al di là del thriller puro, nel tuo romanzo si dà molto spazio alla componente emotiva e psicologica dei personaggi. In particolare a un certo punto compare una tematica delicata, quella del suicidio. Nella fattispecie il personaggio coinvolto ha anche... I suoi motivi, diciamo, per sentirsi distrutto e desiderare la fine di una vita che considera irrecuperabile. In questi casi si sente spesso ripetere che la vita vale sempre la pena di essere vissuta, ma secondo te ci sono situazioni in cui è lecito o quanto meno inevitabile pensare al suicidio, oppure credi che davvero - ma davvero - ci sia sempre un motivo per andare avanti?


In tutte le storie che scrivo c'è una componente psicologica di rilievo. Non saprei fare diversamente. Non mi basta guardare i personaggi in superficie, perché per me non sono solo figure su un foglio bianco ma sono esseri umani e per scriverli sento la necessità di viverli, almeno un po'.

Riguardo al tema del suicidio ti svelo che si tratta di un tema che è presente anche in altre storie che ho scritto, con sfaccettature parecchio diverse, e anche in un lavoro che sto mettendo a punto in questo periodo. È un tema delicato da affrontare ma che mi porta a riflettere su aspetti profondi della vita e così mi ritrovo a scriverne.

La mia risposta alla tua domanda quindi non può essere univoca in quanto sono convinta che ogni essere umano abbia un proprio vissuto interiore, su cui non nessun altro essere umano dovrebbe permettersi di dare un giudizio.

Detto ciò, posso esprimere un mio pensiero sul concetto di suicidio in sé.

Penso che in alcuni rarissimi casi il suicidio possa essere una scelta ponderata, da parte di una persona che percepisca l'inutilità del proseguire della propria vita, in cui non ci sia più nulla da dirsi o da farsi, perché si è già arrivati alla fine della strada, come per esempio per coloro che siano affetti da malattie in stadio terminale. Ma per la maggior parte dei casi penso che non ci sia una vera consapevolezza, bensì una sorta di "vigliaccheria" nella decisione di suicidarsi.

Il termine vigliaccheria non ha necessariamente un'accezione negativa, è piuttosto un'assenza di volontà. Penso che ci sia in questo tipo di decisione una mancata accettazione di sé stessi, un ripudio di sé stessi, o un ribrezzo. Non si ha il coraggio di concedersi una nuova opportunità, e questo blocca tutte le vie d'uscita.

Il problema è questo. Se non ci sono vie d'uscita, allora non si può andare avanti.

Tu mi chiedi se c'è sempre un motivo per andare avanti.

Sì, secondo me c'è sempre, anche quando non è possibile vederlo, perché il motivo può essere invisibile agli occhi, come l'essenziale del Piccolo Principe. In effetti il motivo può stare solo qualche passo più in là, e bisogna raggiungerlo prima, per poi poterlo vedere. Ma se non lo vedi non vuol dire che non esista. 

 

 


 



Il caso di Erica mi fa pensare alla massima "attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo": dapprima lei si sente frustrata dal lavoro apparentemente noioso che svolge, ma poi viene trascinata in un'indagine per omicidio e scopre che avere a che fare con certe cose non è eccitante come sembra. O meglio, oltre a essere eccitante è anche terribile. Potremmo dire che questa esperienza serve a liberarla sia dall'impasse del lavoro al call-center che da aspirazioni troppo ingenue? Nel senso che alla fine della storia Erica diventa se stessa e sa di avere un valore a prescindere dal lavoro che svolge o svolgerà?



Erica ha vissuto a lungo in un contesto nel quale tutto era immutabile, con giorni sempre uguali, per cui insieme all'omicidio giunge per lei l'incertezza. Si tratta di una sensazione che la destabilizza non soltanto per il clima di paura che viene a crearsi nell'ambiente che la circonda, ma perché la costringe a mettere in discussione tutto ciò che aveva dato per scontato.

Si trova all'improvviso dentro a un gioco pericoloso e perciò si vede costretta a mettersi in gioco.

In effetti quindi hai assolutamente ragione quando dici che questa esperienza l'ha aiutata a liberarsi dai suoi blocchi interiori e di attribuirsi un valore a prescindere dall'attività lavorativa che svolge.

A volte accade così nella vita quotidiana di tutti noi. È necessario che accada una rottura intorno a noi, che cada un fulmine nel contesto relazionale o che ci piombi addosso una verità scomoda, affinché si inneschi un cambiamento importante che in realtà era già latente dentro di noi.


Ma ora parliamo di te: Pronto: risponde l'assassino è il tuo terzo romanzo, e so che continui regolarmente a scrivere. Come descriveresti la tua esperienza (quella che hai avuto finora, almeno) nel panorama letterario italiano?


Sì, ho un paio di progetti in lavorazione in questo momento. Entrambi di narrativa. Uno con sfumature noir in fase conclusiva, e un'altro piuttosto intenso e che potrebbe essere dedicato a un pubblico giovane.

La mia esperienza nel panorama letterario italiano finora è stata contraddistinta dall'avanzare un passo per volta. Ed è stata caratterizzata dalla volontà di ritagliarmi un piccolo spazio mio, al fianco di tantissime altre realtà narrative che hanno avuto modo di svilupparsi negli ultimi anni.

Confrontandomi con concorsi letterari nazionali e con altri autori, infatti ho avuto modo di scoprire che esiste un ampio mondo sommerso di storie da leggere, di romanzi intriganti e di racconti coinvolgenti. Definisco questo mondo "sommerso" perché non è visibile alla maggior parte dei lettori, ma solo a quelli che hanno la voglia di tuffarsi per esplorare i paesaggi di storie sconosciute. Ho scoperto altresì che l'editoria ha una struttura rigida, che si adegua con la lentezza di un bradipo alla ricchezza di idee e di contenuti narrativi emergenti.

Inoltre tramite la piccola editoria e il self publishing, ho compreso che non basta scrivere una bella storia, affinché i lettori possano leggere una bella storia. C'è molto lavoro dietro, non solo nella stesura ma anche nel presentare e nel far conoscere quella storia.



Un'ultima domanda sul tuo blog Finestra sul mondo. Come ti è venuta l'idea di aprire un blog? E cosa ti aiuta a mantenerlo attivo nonostante si tratti di un impegno assiduo?


Come mi è venuto in mente?

A essere sincera non lo so nemmeno io, perché quando ho cominciato (nel 2016) non sapevo neppure che cosa fosse un blog.

Sapevo solo che sentivo l'esigenza di trovare uno spazio in cui esprimermi, in cui rendere pubbliche alcune mie riflessioni. Forse perché avevo scritto tanto, per anni, e mi ritrovavo con un cassetto virtuale pieno fino all'orlo. Volevo uno spazio dentro cui mettere gli argomenti che mi piacciono e i temi che mi interessano. Uno spazio poliedrico e che mi assomigliasse.

Per questo ho voluto chiamarlo "finestra sul mondo", perché da qui il mondo mi sembra più vicino.

È vero che il blog è un'attività impegnativa perché c'è sempre qualcosa da aggiornare e contenuti nuovi da condividere ma, poiché posso gestirlo in modo autonomo, riesco a dedicarmi, anche in ritagli di tempo.

Mi piace scrivere soprattutto la sera, quando tutto intorno si fa silenzioso, e mi bastano pochi minuti per concentrarmi e per predisporre in ordine le idee per un articolo, o anche per un racconto. Poi magari completerò il lavoro in un secondo momento, perché la scrittura è fatta di piccoli dettagli, dettagli che è importante curare per donare un contenuto piacevole a chi leggerà.


Grazie infinite per il tuo tempo e la tua gentilezza! A presto e buona fortuna per tutti i tuoi progetti 😊


Grazie a te per i tanti spunti di dialogo e per questa piacevole chiacchierata. E grazie mille per l'augurio.

 

Bene ragazzi, che ne pensate? Direi che Maria ci piace molto, siete d'accordo? 😊 Quindi correte a leggere i suoi libri e a seguire il suo blog... Noi ci rivediamo presto con la recensione di Pronto: risponde l'assassino!

 

Elisa 🌸

 

2 commenti

  1. Ciao William, approfitto di questo spazio per chiederti di contattarmi per organizzare la presentazione del mio libro: Quella sporca luna d'Agosto. Grazie, resto in attesa.

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