Recensione - La terra promessa di Matteo Righetto

 Titolo: La terra promessa
Autore: Matteo Righetto
Genere: Narrativa
Pagine: 219
Prezzo: Ebook € 9.99 / Cartaceo € 15.30
Con questo romanzo inizia il futuro di Jole e Sergio, figli di Augusto e Agnese De Boer, coltivatori di tabacco a Nevada, in Val Brenta. Vent'anni lei, dodici lui, dopo tante vicissitudini i due fratelli sono pronti ad affrontare la più grande delle sfide: lasciare la propria terra, che nulla ha più da offrire, per raggiungere il Nuovo mondo. Un'avventura epica che ha in sé l'incanto e il terrore di tante prime volte: per la prima volta salgono sul treno che li porterà fino a Genova dove, vissuti da sempre tra i profili aspri delle montagne, vedranno il mare - immenso, spaventoso eppure familiare, amico, emblema di vita e speranza. Per la prima volta la Jole e Sergio sono soli di fronte al destino e lei sa che - presto o tardi - dovrà raccontare al fratello la sorte tragica toccata ai genitori. Nella traversata che dura più di un mese, stesa su una brandina maleodorante, mentre la difterite dilaga a bordo e i cadaveri vengono gettati tra i flutti, la Jole sente ardere in sé la fiamma della speranza, alimentata dalla bellezza sconosciuta del mare e da un soffio di vento che di tanto in tanto torna a visitarla, e in cui lei è certa di riconoscere l'Anima della Frontiera, il respiro universale che il padre Augusto le ha insegnato a riconoscere. Con la forza d'animo e la grazia che conosciamo, la Jole, con i boschi e le montagne di casa sempre nella mente e nel cuore, affronta esperienze estreme che la conducono, pur così giovane, a fare i conti con temi cruciali e di bruciante attualità - il senso di colpa di chi è costretto ad abbandonare la propria terra, il rapporto tra nostalgia e identità, l'importanza di coltivare pazienza e speranza per inventarsi il futuro e continuare a vivere. Si conclude con questo romanzo la "Trilogia della Patria", la saga della famiglia De Boer.
"Una terra promessa
un mondo diverso
dove crescere i nostri pensieri...
Noi non ci fermeremo
non ci stancheremo
di cercare il nostro cammino".

Sono le parole di Eros Ramazzotti, nel suo pezzo "Una terra promessa" che tanto ho cantato quand'ero ragazzina, quelle che esprimono il desiderio di un mondo migliore dove costruire il futuro, e che incarnano universalmente i moti d'animo dei personaggi di questo romanzo, "La terra promessa".
E mi sovviene la maestra Raffaella, quando alle elementari mi insegnava la differenza di significato e di utilizzo degli articoli determinativi e indeterminativi: Matteo, deve aver avuto una maestra come la mia. E nella scia di quanto imparato da bambino, e che si è sedimentato nella sua anima, ha deciso che quella di Jole non è "una" terra promessa, bensì "la" terra promessa. Ad intendere che lì, proprio lì, lei doveva arrivare.
E un po' per l'abitudine veneta di chiamare le donne col loro nome preceduto dall'articolo determinativo (io ad esempio in Veneto non sono Sara, ma "la" Sara), un po' per sottolineare che Jole non solo è veneta ma è anche una ragazza determinata e... determinativa nelle sue scelte, Righetto ci porta a riflettere sull'unicità delle persone, sul valore dei valori, e sul destino: quello che ognuno di noi è chiamato a compiere in questo passaggio terreno.
L'avevamo lasciata nell' Ultima Patria, secondo romanzo della trilogia, spinta dal bisogno di cambiare vita e alla ricerca di un futuro per sè e il fratellino, pronta a partire verso quel sogno che abitava il suo cuore e quello dei suoi concittadini provati dalla guerra e dalla povertà: la Merica.
La terra promessa diventa il racconto del viaggio, fisico ed emotivo, verso quel futuro che sa di speranza e che porterà con sè non solo la rinascita, ma anche nuova vita.
E non si può che viverlo a pieno, questo viaggio, insieme ai suoi protagonisti: le emozioni che scorrono nelle vene leggendo, e vivendo, e immaginando, e sperando con loro, sono sempre nuove e rinnovate. "Non ci si bagna mai nella stessa acqua per due volte", diceva Eraclito... allo stesso modo il fiume di parole che Righetto con la sua scrittura epica, magistrale, descrittiva e dettagliata ci dona, ci inonda di emozioni di volta in volta nuove e sempre più intense.
Jole parte, insieme al suo fratellino che non si era ancora ripresto dalla malattia contratta, ma non ha scelta: se fosse rimasta tra le sue montagne il futuro sarebbe rimasto un progetto irrealizzabile. Durante il viaggio si legano ad una famiglia, partita come loro per disperazione: e scoprono così che i legami non sono fatti solo di sangue, ma anche di scelte, di condivisione e di riconoscimento in un comune destino. Abbandonano le amate montagne, lo scenario cambia, e attraversano il mare, quel mare che sembra infinito perché non finisce mai; e lo sguardo del cuore si perde, tra un passato desolato ma pieno di affetti e radici, e un futuro che sa di speranza e fiducia. 
E inevitabilmente penso che fiducia significa fede: in sè prima di tutto, e in qualcosa di più grande a cui, tutti, pur spesso negandolo, ci affidiamo. Ed è proprio nel dialogo con un prete che Jole comprende il senso "biblico" del suo viaggio: la terra promessa, quella che Dio secondo la Bibbia aveva promesso agli Ebrei, passa necessariamente attraverso il deserto: nel caso di Jole il deserto è una vastità infinita di acqua, ma è lì che avviene la sua crescita e la sua maturazione. 
Cresce e si rende conto che è tempo di dare risposte al fratello, al quale aveva sempre mentito, pensando di proteggerlo, sulla morte dei suoi genitori: "Forse stava tutta qui la differenza, pensò: diventare grandi significa smettere di fare domande a chi viene prima di noi per cominciare a dare risposte a chi viene dopo di noi".
Per tutto il viaggio Jole riconosce sempre il suo Amico fedele, il Vento della Frontiera, quello che da sempre la accompagna nelle avventure della sua vita e la incoraggia spingendola, di volta in volta, a trovare il coraggio di andare avanti, forte delle sue intuizioni e del suo desiderio di vita nuova. 

Come cantavano gli Scorpions:
"The world il closing in
did you ever think

that we could be so close, like brothers.
The future's in the air
I can feel it everywhere
blowing with the wind of change".
Insomma, un romanzo da leggere tutto d'un fiato, anzi... tutto d'un alito di vento. 
Per interrogarsi sul proprio presente, sulle proprie scelte, sul senso del destino, delle responsabilità, delle scelte, dei valori, della famiglia, delle amicizie, della vita. E per trovare, dentro ognuno di noi, quella voglia di vivere e di crescere che sono le basi per costruire, tutti insieme, un mondo e un futuro migliore.
Vi lascio infine con un pezzo che mi ha particolarmente impressionato, dove esce tutta l'anima della protagonista e dove la cifra stilistica di Righetto trova un'importante conferma:
“Io credo nelle donne forti e nel valore delle loro sfide. Credo nella dignità degli ultimi e nella luce nei loro occhi. Credo nella speranza come rimedio alla nostalgia. Credo nei ricordi che ci fanno sopravvivere. Credo nei sentimenti veri e rivelati. Credo nelle montagne, nella loro lealtà. Credo nel fremito dell’alba e nei tramonti infuocati sulle rocce alpine. Credo negli alberi e negli animali. Credo nella parola data. Credo nel riscatto definitivo dei vinti. Credo nel mio passato. Credo nel futuro che si agita nelle mie viscere. Credo nel sole che scalda la terra e nella pioggia che la disseta. Credo nel verde dei pascoli. Credo nel rispetto delle cose sacre, come la vita e la morte, il mare, la natura e l’anima di ogni essere vivente. Credo nella bellezza delle nuvole. Credo nella neve che scende con la stessa benevolenza del sonno. Credo al volto delle stelle, che brillano anche quando abbiamo gli occhi chiusi, e al suono dei torrenti. Credo nella memoria di mamma e papà, nella fede di roccia di mia sorella e nel sorriso ritrovato di mio fratello. Credo nelle mie mani, che hanno toccato ciò che ho visto, e nei miei piedi, che hanno camminato per il mondo. Credo nei giusti, ovunque si trovino. Credo in chi non smette di crederci. Credo nelle mie patrie, senza confini. Credo nella grazia del perdono. Credo nei miei ventitré anni e nella mia maternità. In tutto questo io credo, e in molte altre cose, tra cui la santità delle tue parole, cara Irma.”
Questa è LA Jole.
Buona lettura!
E... grazie Matteo, sei un autore superlativo.

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