1898. La Magna Charta Libertatum del 1215 è nelle mani di un ricco americano, Gabin Wagner, che vuole utilizzarla per aumentare la sua fama a Londra, dove si è appena trasferito. Tutto sembra però andare a rotoli quando lo storico tedesco Alfred Husser, invitato all'esposizione del manufatto a casa dell'americano, capisce che si tratta di un altro reperto, sempre firmato da Giovanni Senzaterra e da qualche altro nobile misterioso. Studiando la pergamena, i due uomini giungono alla conclusione che la chiave per scoprirne i segreti siano i Simboli del Potere in essa citati. Ma cosa sono questi Simboli? Dove condurranno gli indizi racchiusi nella finta Magna Charta? E chi sono i Custodi del Potere tanto nominati nel manufatto? Ma, soprattutto, chi è la figura misteriosa che si mette sulle tracce di Gabin e Alfred senza perderli d'occhio? Un viaggio - dall'Inghilterra all'Egitto, passando per l'Italia - sulle orme di segreti che si perdono nelle nebbie del tempo.
Fin dall'inizio, la lettura de I custodi e la pergamena del potere si rivela estremamente
scorrevole e di facile lettura. Nonostante sia ambientato nell'800 tra la
Londra bene, anche i dialoghi sono di facile comprensione.
La cosa migliore è invece il fatto che la storia sia
ambientata in un periodo pieno di persone, oggetti e romanzi famosi e l’autrice
ne faccia menzione trattandoli come cose di poco conto, esattamente come le
reputa Gibin Wagner, protagonista della storia e figlio dell’inventore (o
meglio, perfezionatore) della macchina da scrivere, strumento che ha arricchito
la sua famiglia ma che Gabin tratta alla stregua di un giocattolo.
Incontriamo quindi il romanzo Oliver Twist, relegato a poco
più che suppellettile, il padre di Sherlock Holmes in carne e ossa, Arthur
Conan Doyle e una giovanissima e ancora sconosciuta Virginia Woolf, ai tempi
ancora Virginia Stephen.
Questa è la storia di come un ragazzino viziato abbia deciso
di intraprendere un’avventura più grande di lui alla ricerca di qualcosa di
misterioso e nascosto da secoli di guardiani.
Sembra tutto molto bello e interessante, ma in realtà questo
romanzo presenta diverse pecche. Prima fra tutti, è prevedibile.
Ci sono determinati avvenimenti che ti aspetti e
puntualmente accadono, non c’è chissà quale suspense, tutto quello che accade è
previsto.
Inoltre mancano interi capitoli di racconto. È come se ci
fossero delle pagine strappate, i protagonisti saltano da un posto all'altro
senza narrazione, mentre magari la storia si è arenata per diverse pagine su
una nave, questo non dà continuità alla storia, fa solo sembrare che a un certo
punto l’autrice ne abbia avuto poca voglia, come a voler tagliare corto la
storia.
C’è un lungo pedinamento svolto in maniera imbarazzante, il
mistero che si cela dietro alla prima pergamena è confuso e poco chiaro, i
luoghi descritti non rendono minimamente, non ti portano via verso luoghi
lontani.
Gabin Wagner è però un personaggio interessante, il che,
considerato che è un racconto che si svolge principalmente dal suo punto di
vista, è un’ottima cosa.
Il libro si legge molto velocemente, qualche ora di
gradevole lettura bastano e avanzano per finirlo.
Non è un brutto libro, ma non è neanche un bel libro.
È carino, con molto potenziale sviluppato poco.
Sono certa che in futuro Federica Loreti saprà stupirci con
un romanzo di tutt'altra categoria, perché le premesse ci sono e il talento è
visibile. Per ora questo è un romanzo grezzo, una prova, godibile per una
lettura senza troppo impegno.
Giorgia Rambaldi Editor
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