Blog Tour "Gli irredenti" di Marco Avonto: L'omosessualità nell'Italia degli anni '90

Buon pomeriggio, miei cari readers 💜

Quest'oggi ho l'onore di aprire il Blog Tour dedicato a Gli irredenti, il nuovo romanzo di Marco Avonto. Si tratta di un libro speciale, che i miei colleghi di Saper Scrivere hanno descritto con parole a dir poco entusiastiche... E ora so perché.

Ma non voglio entrare troppo nel dettaglio della trama, per adesso, perché la prossima settimana recensirò l'opera e voglio tenermi tutta la "polpa" per il Review Party 😂

Se intanto volete leggere la sinossi e magari assicurarvi una copia di questo thriller crudo e suggestivo, vi lascio come sempre i link d'acquisto: qui potete trovare la versione digitale e qui quella cartacea. Vi consiglio di non lasciarvi sfuggire questo bellissimo romanzo italiano dalle tinte cupe ma intriganti.

Oggi pomeriggio, però, siamo qui per il Blog Tour: se seguirete l'evento, nei prossimi giorni conoscerete le ambientazioni e i personaggi della storia (e fidatevi, si tratta di argomenti interessanti perché il romanzo ha anche un'impostazione particolare... Ma non vado oltre: questa sarà materia per le prossime tappe dell'evento 😊) e potrete "ascoltare" la voce diretta dell'autore in una piacevolissima intervista che verrà pubblicata proprio su Paper Purrr. Sì, stavolta mi è andata di lusso e ho avuto la possibilità di occuparmi di ben due tappe 😍

Ora invece vorrei aprire le danze trattando una tematica delicata e nello stesso tempo fondamentale, la quale ha un peso cruciale nel romanzo.

Quindi non perdiamo tempo e cominciamo!

 

 


 

Se si tratta di un thriller, significa che da qualche parte ci sarà un cadavere. Infatti la storia comincia proprio con un omicidio, perpetrato dal giovane figlio del sindaco di Borgo Alamo (un paesino di provincia). Tommaso Pastore, conosciuto nella cittadina come il Bue, non è un assassino; e possiamo dire che la sua vittima sia semplicemente capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tommaso sta facendo sesso con un ragazzo in un luogo isolato, e Pietro lo vede per caso. Allo stesso modo, il Bue si accorge di lui.

Un attimo soltanto, ed entrambi cadono in qualcosa di irrimediabile. Perché quando si scopre una cosa, non si può tornare a non saperla. La conoscenza è un processo irreversibile, e questa semplice verità finisce per diventare una disgrazia sia per Tommaso che per Pietro: il primo viene colto dal terrore che il suo "piccolo sporco segreto" venga divulgato nel paesino in cui vive, che arrivi alle orecchie dei suoi amici, di suo padre, di tutte le persone che rispettano lui e la sua famiglia ma che forse non vedono l'ora di avere una scusa per voltare loro le spalle. Non ci vede più, perde la testa.

D'altro canto, se è vero che fino a un attimo prima avrebbe dato la mano destra per poter ricattare un giovanotto privilegiato e prepotente come il Bue, all'improvviso Pietro capisce che la conoscenza non è solo potere. Può anche trasformarsi in un grosso bersaglio puntato proprio sul suo petto.

Così, a causa di una verità che Tommaso non voleva rivelare e che Pietro non voleva sapere, si consuma il primo delitto del romanzo. Il Bue uccide lo sventurato osservatore, e poi compra il silenzio dell'altro ragazzo.

Ora il punto della questione, almeno della parte della questione che ci interessa adesso, non è tanto stabilire se il Bue sia effettivamente omosessuale o se si sia trovato nelle suddette circostanze per altre ragioni; questo dettaglio è addirittura irrilevante, infatti Tommaso sa benissimo che a nessuno importerebbe: se i suoi conoscenti sapessero che lui è stato visto con un altro uomo, ciò basterebbe a imprimere su di lui una sorta di marchio indelebile... Perchè la storia è ambientata nel 1997 in un paese di provincia, e nel 1997 certe cose non si possono dire ad alta voce.

Ancora negli anni '50 l'omosessualità era considerata da molti medici italiani come una malattia, da curare o comunque tenere sotto controllo. Chi provava attrazione per il suo stesso sesso doveva "correggersi", imparare a essere attratto dal sesso giusto: gli uomini omosessuali, per esempio, erano talvolta incoraggiati a incontrarsi con delle prostitute per sviluppare un sano gusto per i rapporti eterosessuali; questo nel migliore dei casi, mentre nel peggiore il cosiddetto disturbo veniva trattato con l'elettroshock.

Nel decennio successivo vi furono alcuni tiepidi tentativi di impedire il maltrattamento degli omosessuali, ma non ebbero molto successo perché la società italiana aveva ereditato dal secondo dopoguerra e da anni ancora precedenti la pratica della "tolleranza repressiva": forse gli omosessuali non finivano linciati da folle armate di forconi, ma le varie autorità pubbliche e private avevano sistemi più convenzionali e meno chiassosi per cercare di "risolvere il problema": gli omosessuali potevano cambiare o fingere di cambiare, adeguarsi a ciò che era socialmente accettabile, ed essere con un po' di fortuna riaccolti nel consesso delle persone per bene; oppure potevano esporsi al disprezzo, alle difficoltà, spesso alle minacce e a volte anche agli attacchi diretti da parte di una comunità che non li accettava. Questo modo di pensare che tendeva a reprimere senza grossi clamori e senza che esistesse una legge vera e propria contro l'omosessualità si tradusse in una sostanziale incapacità di gran parte della popolazione di prendere sul serio i suddetti tentativi di tutela nei confronti degli omosessuali. Perché l'attrazione verso il proprio sesso non era un crimine, ma restava una cosa troppo sconveniente. E gli omosessuali, secondo molte menti dell'epoca, non avevano bisogno di protezione ma di essere aiutati a tornare sulla strada giusta. In modi più o meno ortodossi.

Il primo passo di rilievo in questo senso si ebbe forse nel 1969 con la pubblicazione del Manifesto per la Rivoluzione Morale: l'omosessualità Rivoluzionaria, a opera dello scrittore e giornalista Massimo Consoli, e con la nascita della prima organizzazione omosessuale italiana, il FUORI! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano). L'acronimo era chiaramente ispirato al verbo inglese "coming out", che ancora oggi indica il momento in cui una persona decide di dichiarare apertamente il suo orientamento sessuale (quindi non solo l'omosessualità ma anche la bisessualità, l'asessualità...).

Da questo traguardo relativamente importante partirono le prime iniziative a favore della comunità LGBT, e guarda caso proprio nel 1997 fu fondata la GayLib, un'associazione LGBT politicamente non orientata a sinistra ma nata nell'ambiente liberale. 

Sarebbe sbagliato dire che non c'erano stati progressi dai tempi dell'elettroshock e degli appuntamenti con le prostitute, ma allora perché ancora nel 1997 il Bue ritiene che un omicidio sia preferibile alla possibilità di essere identificato come omosessuale dai compaesani? 

Beh ragazzi, forse perché nel 1997 avevo sei anni e ricordo che una volta vidi due ragazzini baciarsi fuori dalla scuola e quando lo dissi a mia zia lei rispose che era "impossibile" e che dovevo essermi sbagliata, probabilmente si trattava di un ragazzo e di una ragazza con i capelli corti. Con tutto che a me andò meglio di come sia andata a Pietro, perché anche io sono cresciuta in un piccolo paese ma quella volta portai a casa la pelle.

Forse perché esiste un articolo della Repubblica (lo trovate su Google) che elenca gli omicidi di persone omosessuali avvenuti negli anni '90 (quelli noti, almeno) e i nomi sono davvero tanti. Non so se alla base di questi delittti ci sia sempre stata l'omofobia, ma i numeri rimangono preoccupanti.

Forse il Bue si fida ancora più delle sue mani forti e in grado di spegnere una vita che del buon senso dei suoi concittadini o delle leggi o delle associazioni LGBT. Forse pensa che un'avventura sessuale di qualche minuto non valga una nota di demerito sulla sua "fedina sociale".

Potrei citarvi tutta la pagina di Wikipedia dedicata alla storia dell'omosessualità in Italia: vi trovereste tanti nomi importanti e un filo conduttore che in verità ha il suo senso, che si è mosso troppo lentamente ma che pian piano ha portato la nostra mentalità a cambiare. Quello che però non sentireste è la distanza tra la storia e la realtà, la quale se possibile va ancora più lenta. La storia non tiene conto di milioni di vite consumate in attesa che qualcosa cambi davvero.

Motivo per cui... Non dico che giustifico il Bue o che condivido il suo gesto. Però lo capisco. Nè mi sento di incolpare troppo le anime pie, per così dire, del suo paesino, perché non sono orchi ma sono semplicemente figlie del loro tempo.

A preoccuparmi di più è stato un pensiero che mi è venuto dopo aver letto quella scena; mi sono detta che al giorno d'oggi una reazione come quella di Tommaso sarebbe molto meno probabile, ma non così tanto da potersi considerare fuori discussione. E questo ci dice che abbiamo ancora tanta, tanta strada davanti a noi.



Bene, ragazzi 😊 So che questo articolo è stato un più serio e delicato del solito, e anche un po' più crudo. Ma la cosa bella dei libri è che spesso ci ispirano riflessioni importanti al di là del mero intrattenimento, e devo dire che Gli Irredenti di Marco Avonto ci offre parecchi spunti.

Perciò correte ad acquistare il libro 😊 Io intanto vi ringrazio e vi do appuntamento a venerdì per conoscere l'autore durante la nostra intervista, grazie alla quale avremo modo di riprendere anche l'argomento di oggi e di sentire il parere di Marco in proposito.

Alla prossima! Stay bookish!


Elisa 🌸


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