Review Party "La strada scomparsa" di Beatrice Masci

Buongiorno, tesori!

Come state passando questo primo giorno di festa? Dico primo perché tra poco cominceranno le vacanze di Natale e so che molti di voi oggi saranno impegnati con le decorazioni 😊

Però vi rubo lo stesso cinque minuti per parlarvi di un grande evento iniziato ieri e dedicato a un libro per me molto speciale, La strada scomparsa di Beatrice Masci. Innanzitutto vi lascio i link Amazon dell'opera, in digitale (qui) e in cartaceo (qui): se non sapete cosa regalare a Natale, ricordatevi che con un libro non si fa mai brutta figura 💜

Veniamo ora all'evento, organizzato dall'agenzia Servizi d'Autore. Come forse ricorderete qualche mese fa avevo già partecipato con Paper Purrr a un Blogtour + Review Party in onore di In cammino verso Compostela, un'altra opera della stessa autrice (chi si fosse perso la tappa può ritrovarla qui): ora Beatrice è tornata con una raccolta di racconti brevi diversa dal suo precedente diario di viaggio e nello stesso tempo simile a esso, per una serie di motivi che vi spiegherò tra poco.

 

 


 

Per farvi conoscere questo nuovo libro, Servizi d'Autore ha organizzato un altro evento formato sempre da Blogtour e Review Party: in questi giorni tocca a Paper Purrr, perciò tra oggi e domani vi lascerò sia la mia recensione dell'opera che la tappa da me scelta nell'ambito del tour. Ecco il programma completo 😊

 

 


 

Come vedete si tratta di un piatto davvero ricco, quindi non perdiamo tempo e cominciamo subito!

Ho detto che La strada scomparsa è un libro diverso da In cammino verso Compostela, ma contemporaneamente gli somiglia. La prima è un'opera di narrativa mentre la seconda è un diario di viaggio, la prima racconta storie inventate laddove la seconda affonda nella verità di un'esperienza vissuta... Tuttavia già nei due titoli possiamo ravvisare un elemento in comune: si parla sempre di un cammino, di una strada; e se da una parte la meta del percorso è segnata e tutto tende a raggiungerla (un pellegrino parte con il preciso scopo di arrivare a Compostela), dall'altra la strada è appunto scomparsa. Non solo chi la percorre non sa dove porterà, ma a dire il vero non riesce neppure a scorgerla davanti ai piedi. A tratti si chiede se ci sia veramente una strada, se il suo girovagare non sia semplicemente dettato dal caos e privo di un senso.

D'altronde il dilemma della vita è proprio questo: ci chiediamo se c'è una ragione per ogni cosa o se invece sia tutto in balia del caso. Siamo soli oppure c'è un cammino tracciato per noi?

Pur senza saperlo, i personaggi dei racconti di Beatrice si pongono la medesima domanda; credo che ne siano inconsapevoli perché per la maggior parte si tratta di persone molto semplici: una nonna proveniente da una famiglia di contadini, un detenuto dal passato difficile, una ragazzina ancora troppo giovane per pensare a certe cose. Addirittura un neonato che già accettando di venire finalmente al mondo ha preso una grossa decisione esistenziale. Non credo che tutti loro si fermino spesso a chiedersi dove stanno andando, ma anche così è evidente che aspirano a trovare un senso. Si tratta di un bisogno inconscio, quasi fisiologico: il bisogno di ogni uomo di vivere per un motivo.

Ora, io non sono credente ma so che l'autrice del libro lo è, e pensando a La strada scomparsa mi torna in mente una frase che disse il mio insegnante di religione del liceo (un sacerdote) parlando dei precedenti non proprio pii di San Paolo: "I cani randagi Dio li fa andare un po' dove vogliono". Sì, il mio insegnante è sempre stato un tipo particolare, ma questo è un altro discorso 😂

Molti personaggi del libro (se non tutti) sono per certi versi dei cani randagi. Per carità, brava gente per la maggior parte: abbiamo un padre di famiglia con un lavoro stabile e una vita avviata, e tre cugini magari troppo avidi ma non cattivi; abbiamo un'adolescente in cerca della sua identità, due gemelli attaccabrighe, una coppia di sposi che si destreggia con le difficoltà quotidiane. Non sono persone "perdute" nel senso comune del termine, eppure a un tratto il padre di famiglia sembra perdere la voglia di alzarsi dal letto ogni mattina per rifare le stesse identiche cose. E la ragazzina perde se stessa tentando di assomigliare a qualcun altro o per piacere al fidanzato di turno. I fratelli perdono di vista l'affetto che li lega inseguendo antichi rancori, mentre i tre cugini si sono persi molto tempo prima diventando persone che in realtà non volevano diventare.

Non hanno bisogno di redimersi o cambiare strada, ma devono ritrovarla, la strada che stavano seguendo e hanno poi smarrito; magari devono migliorarla, svoltando quanto basta per riportarsi su un sentiero più adatto.

C'è addirittura un giovane proveniente da una famiglia di mafiosi, il quale dovrà chiedersi se il cammino dei suoi fratelli e di suo padre sia quello giusto per lui e in caso contrario avere il coraggio di distaccarsi da tutto ciò che nel bene e nel male gli è familiare. Se riuscisse a farlo sarebbe un raro esempio in cui il carattere vince sull'educazione, laddove in genere accade invece il contrario.

Insomma il libro di Beatrice sembra dirci che andare a Compostela è importante ma non basta: la propria strada va ritrovata non una ma dieci, cento, mille volte. Forse deve essere riconsiderata quasi ogni giorno, come fa un viaggiatore con la bussola in mano.

E anche così capiterà di perderla. Ma va bene, perché se non ci trovassimo mai in terre straniere non capiremmo davvero l'importanza della nostra strada.

I racconti di questa raccolta sono semplici, popolati da persone semplici e con finali semplici; perché nelle cose più piccole si trova spesso il punto di svolta... Come impara per esempio Manfredi, un pittore distrutto dalla perdita della moglie: un fiore da solo non può cambiare una vita, ma grazie a quella margherita spuntata fuori dalla sua casa lui potrebbe trovare la forza di rialzarsi.

In definitiva, credo che la risposta alla domanda inziale sia che il senso esiste se noi vogliamo trovarlo. Possiamo pensare che ci sia un destino già tracciato che aspetta tutti noi, possiamo pensare che un qualche Dio ci attenda alla fine del percorso, come diceva il mio professore; oppure possiamo contare soltanto su noi stessi e scrivere il destino a mano a mano che lo viviamo. Qualsiasi cosa vogliamo credere, il punto è che sulla nostra strada non ci saranno mai cartelli a indicare la direzione giusta, né segnali eclatanti mandati ad avvertirci: siamo sempre noi a dover scegliere se vedere in ciò che accade una ragione oppure passare oltre senza guardare.

Manfredi potrebbe ignorare la margherita e ripetersi che la crescita di un fiore è una cosa perfettamente normale in un campo durante la primavera; potrebbe convincersi che la margherita non ha nulla a che fare con lui, perché in effetti essa non è un miracolo: è solo una margherita. Però potrebbe invece scegliere di trovare in lei un significato legato alla sua vita, perché forse dentro di lui c'è già un desiderio di rinascita e il fiore l'ha risvegliato.

Quindi sì, può essere tutto in balia del caso. E sì, può esserci un senso per ogni cosa. Dipende da ciò che decidiamo di vedere.

 

E con questo direi che posso lasciarvi in pace a preparare l'albero di Natale, ma mi raccomando non perdetevi la tappa del tour di domani! Per tutti gli aggiornamenti seguite i blog partecipanti all'evento e la pagina facebook di Beatrice (qui).

A presto! 😘 

Elisa

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