Blog Tour "Cinque Notti Assurde" di Massimo Ricciardi - Analisi di un racconto

Buon pomeriggio, cari readers  💜

Come promesso, oggi torno da voi per imbarcarmi in un'altra interessante tappa del Blog Tour dedicato a Cinque Notti Assurde, una raccolta di racconti dell'orrore scaturita dalla penna brillante di Massimo Ricciardi.

Anzi, a dire il vero sono stata proprio io a inaugurare questo Tour lo scorso lunedì... E adesso avrò il piacere di concluderlo, prima di lanciarmi nel Review Party della prossima settimana 😄

Una full immersion, insomma. Il che vi fa già capire quanto abbia trovato affascinante quest'opera 😍

Se vi siete persi la mia prima tappa, incentrata sulla notte (uno degli elementi comuni a tutti e cinque i racconti, come si evince dal titolo stesso del libro), non dimenticate di cercarla qui su Paper Purrr.

E spero che abbiate seguito anche gli interventi dei miei colleghi blogger. Altrimenti mi raccomando, correte a recuperarli 😉

L'articolo di oggi si focalizzerà invece su uno dei racconti, che ho scelto perché a mio parere incarna in modo più chiaro la chiave di lettura di tutta l'opera.

Prima di cominciare a parlarne, però, ne approfitto per lasciarvi i link d'acquisto di Cinque Notti Assurde: cliccate qui per la versione cartacea e qui per quella digitale.

Posso solo consigliarvi di leggere il libro: vi lascerà esterrefatti e qualche volta turbati, ma soprattutto al termine di ogni racconto vi troverete stampato sul viso una specie di sorriso incredulo; vi chiederete cosa avete appena letto e resterete muti per un attimo, prima di realizzare che in fondo il significato di una storia assurda sta proprio nella sua ineffabile mancanza di razionalità. E poi, trascorsi i primi minuti in questa situazione surreale, scoprirete che forse le notti di Massimo Ricciardi non sono assurde come sembrano: forse si nascondono nell'incredibile e nel surreale perché sono attraversate da una voragione troppo profonda per essere tollerata.




Il racconto che vorrei analizzare con voi in questa sede è il primo della raccolta e si intitola Il piatto della casa; la voce narrante appartiene al protagonista, un uomo dal passato difficile che però, grazie ai suoi sforzi e a una fantastica dose di ambizione, è riuscito ad assicurarsi un presente di successo.

Una sera, quest'uomo che sembra avere tutto dalla vita decide di cenare in un ristorante di cucina asiatica che ha trovato un po' per caso (forse) su Internet. Viene colpito in particolare da una pietanza misteriosa che si chiama appunto "Il piatto della casa" e, siccome pare che nessuno sappia dargli informazioni in merito, si intestardisce per assaggiarlo a ogni costo. Letteralmente a ogni costo.

Ho scelto questo racconto per un motivo specifico. Tutti i testi della raccolta presentano un'atmosfera suggestiva e avvolgente, e devo dire che anche il secondo racconto mi ha molto affascinata: L'uomo dei sogni affonda infatti in un argomento che mi ha sempre interessata tantissimo, ovvero la dimensione dei sogni e il modo in cui la mente può essere manipolata attraverso l'attività onirica. Però alla fine ho deciso di dedicare questo articolo a Il piatto della casa perché è qui che, secondo me, l'autore consegna ai suoi lettori la chiave per comprendere l'opera.

Al termine di questa storia surreale, infatti, diventiamo coscienti di un concetto importante: la vita dei personaggi di Massimo Ricciardi è come la notte, è un limbo senza regole. Giusto o sbagliato sono idee relative, forse lo sono persino il vero e il falso; di conseguenza non esistono decisioni inaccettabili, scandalose, disumane... Ci sono solo decisioni di vario tipo, che ogni individuo può prendere a propria totale discrezione quando è il suo turno. Prima di lui c'era qualcun altro, e le scelte di questa persona hanno immancabilmente influito su di lui; nella stessa maniera, inevitabilmente le sue scelte decreteranno la sorte di chi verrà dopo.

Ma ciò non significa, sembra volerci dire il racconto, che i personaggi siano responsabili gli uni degli altri. Non si tratta di rispettare il prossimo, perché nessuno deve nulla né a chi è venuto prima né a chi arriverà poi. Esiste soltanto il libero arbitrio, la possibilità data a ognuno di scegliere cosa e quanto sacrificare.

Niente karma, nè interventi divini né giustizia superiore. Nessuno punisce chi si è comportato "male", ed è giusto così. Perché altrimenti saremmo tutti in balìa di poteri che minacciano crude ritorsioni, e allora per paura non saremmo più capaci di prendere alcuna decisione. E poi, chi stabilisce cosa significa fare del bene e fare del male? Una vita salvata può appartenere a un individuo privo di scrupoli che magari domani distruggerà un'altra vita; e allora, chi ha commesso il primo errore?

Voi direte che nessuno può prevedere il futuro e che quello che conta sono le intenzioni nel momento in cui qualcuno prende una decisione: se un atto è compiuto in buona fede, senza la possibilità di immaginare eventuali conseguenze nefaste, allora chi l'ha presa non è responsabile di ciò che avverrà in seguito.

Però il punto, allora, è sempre qui: le scelte. Non è mai stata una questione di morale, ma di libero arbitrio. E non c'è molto altro da dire.

Così, il libero arbitrio esercitato dal protagonista del primo racconto non è diverso da quello adoperato dal medico che agisce nel secondo, il quale non prova sensi di colpa per i risvolti inaspettati delle sue decisioni. E' uguale al libero arbitrio della psicologa del terzo testo, a quello della bella Susan nel quarto e a quello dell'agente Lynch nell'ultimo. Le conseguenze delle loro scelte si fanno via via più oscure e terribili, ma il meccanismo alla base rimane lo stesso. Anzi, a volte chi cerca di fare la cosa apparentemente più saggia finisce per causare dei danni madornali perché, appunto, non esiste un controllo né una forza superiore che dia un premio ai "buoni" e punisca i "cattivi". Chissà se vivere nella notte di Massimo Ricciardi è meglio o peggio che vivere in un mondo dove esiste una giustizia statica che governa tutto a priori.

In ogni modo, si comincia con la decisione di uscire a cena, presa da un uomo un po' annoiato che non accetta un "no" come risposta. E si finisce... Dove si finisce? Non posso dirvelo, ma ricordatevi il monito con cui l'autore descrive il suo libro: la quinta notte è la più nera.

Perciò aspettate che il sole tramonti su un altro giorno, e fate la vostra scelta, se potete. Non importa se sarete pietosi o crudeli, l'unica cosa certa è che dovrete camminare tra le tenebre.

 

Spero di non esservi sembrata troppo criptica 😅 Non potevo proprio rischiare di spoilerarvi il racconto entrando troppo nei particolari. Dopo avere letto il libro, mi ringrazierete.

Però mi auguro anche di avervi incuriositi, perché l'opera merita veramente di essere conosciuta. Sarà una lettura controversa... ma ehi, questo per me è un grande complimento.

Allora vi do appuntamento a lunedì per la recensione completa 😍 Nel frattempo correte ad acquistare il libro di Massimo!

Stay bookish! 

 

Elisa 🌸

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