"Vado a vivere in campagna" di Beatrice Masci

Buon pomeriggio, tesori 💜

È da un po' che non scrivo sul blog 😄 Che ho fatto in tutto questo tempo?... Sono andata a letto presto (semicit.) 😂

Ok, ora basta con le sciocchezze. Da voi si sente aria di primavera? Da me sì e no, visto che oggi sono uscita in maniche corte mentre ieri diluviava, ma sapete come si dice: l'importante è avere la primavera dentro 😁

E ci sono libri che aiutano davvero a sentire il brivido della bella stagione. Tra questi mi sento di annoverare Vado a vivere in campagna: istruzioni per l'uso di Beatrice Masci, un'autrice di cui vi ho parlato in diverse occasioni. Se vi siete persi gli articoli precedenti vi consiglio di andare a rivedere per esempio la tappa del blogtour dedicato alla raccolta di racconti La strada scomparsa (qui) o la relativa recensione (qui), o ancora l'intervista a Beatrice incentrata su In cammino verso Compostela (qui). Ce n'è per tutti i gusti, insomma 😄

Vado a vivere in campagna: istruzioni per l'uso è un libro molto originale, una sorta di ibrido tra un romanzo, un manuale di sopravvivenza e un racconto autobiografico. Potevo lasciarmelo scappare? Ma ovviamente no!

 




 

Prima di approfondire i contenuti dell'opera, permettetemi come sempre di lasciarvi i link d'acquisto: qui trovate il cartaceo, e qui invece la versione in e-book. Credo sia una lettura perfetta sia in questo periodo (immaginate un picnic nel bosco durante il weekend, accompagnato da un bel libro che mette allegria 😍) sia per le vacanze imminenti.

Devo innanzitutto chiarire, mio malgrado, di non essere una vera amante della campagna. Apprezzo i paesaggi e amo le gite nella natura, però temo che la vita in campagna non farebbe per me e che sentirei troppo presto la mancanza dell'euforia cittadina. Forse la penso così perché ho sempre vissuto a metà strada, mai nelle grandi città ma neppure in una fattoria o nei campi, e quindi non conosco bene nessuna delle due situazioni. Tuttavia se dovessi scegliere "a scatola chiusa" opterei per un bel loft in centro e non per una villa in periferia... Poi vabbé, considerate le mie finanze non potrei avere né uno né l'altra, ma questo è un discorso a parte 😂

Quindi posso dire di aver apprezzato il libro da spettatrice esterna, senza mettermi troppo nei panni dei personaggi ma osservandoli da lontano. E il fatto che vi sia riuscita è indicativo, perché sarebbe facile pensare che un'opera come questa debba piacere solo a un certo tipo di lettore, solo a chi ama la campagna e vorrebbe effettivamente andarci a vivere: invece no, la sua leggerezza e l'ironia irresistibile dell'autrice possono conquistare chiunque. Persino una che non distingue una zappa da un piccone, come la sottoscritta 😄

Vado a vivere in campagna racconta la storia di una famigliola che, appunto, decide di trasferirsi in campagna dopo molti anni in città; l'entusiasmo iniziale è tanto, ma molto presto la protagonista e suo marito si renderanno conto che l'idillio contadino spacciato dai libri e dai programmi televisivi nostalgici non è sempre tale: per preparare una buona marmellata non basta tagliare la frutta e cuocerla, e le insidie che un trattore può incontrare attraverso i campi non hanno nulla da invidiare al traffico dell'orario di punta in città. A osservare le vicissitudini dei novelli campagnoli e dei loro bambini ci sono poi degli spettatori assai speciali: da una parte zio Pino, un veterano della campagna che aiuterà i protagonisti ad ambientarsi, una sorta di "fata madrina" in salopette (nella mia testa ha le sembianze dello zio Jesse di Hazzard) che assisterà sempre la famiglia con benevolenza ma anche con un sorrisetto di soddisfazione. Già, perché è facile sottovalutare le fatiche della campagna e credere che chi ci vive passi tutto il giorno a sgusciare piselli sulla soglia di casa osservando il cielo. Niente di più lontano dalla realtà.

Comunque, dall'altra parte abbiamo una coppia di osservatori famosa, quella formata da Charles e Caroline Ingalls de La casa nella prateria 😮

Ve lo ricordate? È un telefilm degli anni '70 che ogni tanto si vede ancora in tv nelle fasce in cui l'audience è più basso. La storia graziosa (anche se un po' stucchevole) di una famiglia in cui il padre Charles è un aitante fattore del Minnesota, mentre la madre Caroline è una bella donna, ottima cuoca, madre perfetta e moglie amorevole. Nel libro Charles e Caroline vengono presi come ipotetico modello di comportamento dei campagnoli provetti, tuttavia fin dall'inizio appare evidente la discrepanza tra loro e la verità dei fatti: non è possibile, per esempio, passare la giornata nell'orto e avere un grembiule bianco immacolato come quello di Caroline. E mentre i bambini dei protagonisti giustamente si trasformano in due pupazzi di fango quando giocano nell'aia, dubito che le trecce di Laura Ingalls sarebbero così impeccabili se lei esistesse davvero e facesse ciò che faceva nella serie.

Ecco allora che la simpatia e il buonumore dell'opera ci aiutano a capire due cose: primo, che per vivere in campagna occorrono delle competenze che gli "stranieri" venuti dalla città non devono pretendere di acquisire in breve tempo; e secondo che è ok essere un disastro, almeno all'inizio. Va bene se al primo tentativo di preparare una crostata si impiegano ore e si concia la cucina da buttare via. Non è un grosso problema se i bambini non sanno che i pulcini nascono dalle uova di gallina, o se credono che il latte al cioccolato venga dalle mucche nere (questo è un corsivo mio).
Tutto sta nell'essere disposti a migliorare e nella determinazione con cui ci si adatta alle novità: davanti a un modo di vivere totalmente diverso da quello conosciuto si può reagire scappando a gambe levate oppure prendendo il tutto con allegria, e se scegliete la seconda opzione significa che forse siete davvero portati per la vita in campagna.

Come recita il sottotitolo del libro, "siamo nati nel fango ma non dobbiamo restarci per sempre". La campagna è natura e la natura fa parte di noi; e se siamo abbastanza bravi possiamo anche sperare di coesistere con lei, lavorare con lei, crescere con lei.

Vado a vivere in campagna è veramente un'opera per tutti, sia perché il suo tono scanzonato può far sorridere anche il più rigoroso impiegato metropolitano sia perché non pretende di affermare che la vita in campagna sia migliore di quella in città: può essere migliore per qualcuno, per esempio per i personaggi del libro che alla fine si rendono conto di non essere più abituati alla città e decidono di prolungare il loro esperimento campestre; però non è detto che sia così a prescindere, e infatti la storia ci fa capire chiaramente che senza convinzione e un desiderio profondo la campagna può diventare un incubo.

Si tratta di scelte, insomma, e proprio in questo spirito di apertura che non lancia diktat ma solo proposte ho ritrovato lo stile di Beatrice. La strada che porta in campagna è una delle tante strade dell'esistenza 💚

Allora vi consiglio caldamente questa lettura, perché è un libro che lascia un buon sapore. E se volete seguire tutte le novità di Beatrice, non dimenticate di mettere like alla sua pagina Facebook (qui).

Alla prossima, readers... Stay bookish!

Elisa 🌸


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